"Non piangere davanti a tutti".
"Non arrabbiarti" "Non essere triste" "Non preoccuparti". E via dicendo. Da bambini, da giovani, da adulti, quante volte ci saremo sentiti dire frasi come queste, come ammonimento o tentativo di consolazione in un momento difficile? E quante volte come genitore, insegnante, figura adulta che si occupa di una creatura in crescita, le abbiamo utilizzate anche senza volerlo, come automatismi o formule familiari ereditate a cui è difficile sottrarsi? In pochi sanno davvero che le emozioni che proviamo nel corso della vita sono tutte utili, tutte buone e che non si possono dividere tra "positive"e "negative" così, semplificando qualcosa che invece, per funzionare, deve rimanere meraviglioso e complesso com'è. In pochi lo sanno, oppure lo sanno in tanti e non lo accettano: viene da chiedersi come mai con tanto colore e bellezza di espressione si scelga, alla fine, di affidarsi soltanto a quelle due o tre emozioni che ci consentono di essere ben accetti e giudicati dagli altri come forti, coraggiosi e determinati (la risposta è nella domanda!). Le persone intorno a noi desiderano provare e veder provare intorno a sè una rassicurante, acritica gioia: spesso la domanda "Come stai?" viene rivolta con il solo intento di sentirsi rispondere "Bene" e andare oltre, non prevede risposte di altro tipo o che implichino un ascolto attivo e profondo. Così andrà, peraltro, per gran parte della vita con molte persone e dunque sta a noi scegliere: abbracciare gli altri e le loro aspettative o abbracciare noi stessi, accettando di avere la pelle a volte più sottile, ammirando il paesaggio delle nostre emozioni e delle esternazioni altrui, senza giudicarci attraverso le etichette, nè emettere giudizi a nostra volta verso chi ce le affibbia? E' un compito nobile e arduo, e lo è ancora di più se decidiamo di accompagnare altre persone in questa consapevolezza: gli adulti ma soprattutto i bambini e i ragazzi. Coloro che riescono a vivere ogni emozione come merita, con equità e accettazione delle conseguenze non avranno vita facile: un po' perchè a volte è già la predisposizione naturale e particolarmente sensibile a indirizzare su questo cammino, un po' perchè molte persone intorno (spesso quelle che considerano la vulnerabilità uno svantaggio) faranno fatica a sintonizzarsi con caratteristiche che desiderano tenere lontane e di fronte a tanta, spiccia, verità proveranno disagio o paura. Come quando i bambini dicono cose spiazzanti, scomode, e sincere al punto che non si può far altro che tacere e ascoltarli: così succede con le emozioni ritenute più difficili, ed ecco perchè proprio i bambini possono essere subito pronti a ricevere un'educazione emotiva e affettiva che contenga finalmente questo messaggio. Ogni giovane creatura ha i propri tempi, il proprio temperamento ma tutte, proprio tutte, hanno anche il fortissimo bisogno di ricevere questo dono, affinchè possano comprendere come si gestisce tutto quel movimento dentro che a volte spaventa, ma nel quale è possibile entrare, osservare, aspettare e vedere che sì, c'è tanto caos ma anche tanta calma, e che si può in modo concreto conoscere se stessi e crescere guidando gli altri nel farlo. E' un duro lavoro insegnare tutto questo, ma a qualcuno tocca, cioè ai grandi! Riconoscete in voi e in coloro che crescete questo bisogno di verità, di accettazione di come si è dentro e di cosa succede quando lo si fa anche con gli altri. Ribellatevi sempre, a tutte le età, a chi tenta di farvi imbarazzare, o peggio, vergognare per quello che siete e che provate. Ribellatevi a chi vi obbliga a etichettare come buono o cattivo quello che vi scompiglia i capelli e la pancia: usate la testa, usatela per mediare e fare esperienza di voi e difendere questo immenso tesoro. Le emozioni sono davvero tutte buone, e dobbiamo fare in modo che siano sempre più numerose le persone che lo vengono a scoprire.
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